LA RESISTENZA DELLE DONNE A CANEVA
LE DONNE E LA RESISTENZA
Dopo l’8 settembre del 1943, data della dichiarazione dell’armistizio con gli anglo-americani, quando iniziò il crollo dell’esercito e delle istituzioni e cominciò ad avanzare l’occupazione tedesca, truppe di soldati sbandati e stanchi cominciarono a giungere dalla Jugoslavia, dall’ Albania, dalla Grecia il ruolo delle donne divenne fondamentale.
LE STAFFETTE PARTIGIANE
Come ricordato nel bel libro di Marta Roghi, Cristina Trinco e Paolo Cossi, "Solo un passo - memorie di donne partigiane dell'Altolivenza" (frutto di un lavoro di ricerca storica dell'Associazione UTE di Sacile), anche nel nostro Comune diverse furono le staffette partigiane che, a partire dalla primavera del 1944, iniziarono a fare la spola tra la pianura e il Cansiglio e sul Col Alt per aiutare i partigiani.
Queste le storie, riportate nel libro, di quattro staffette partigiane di Sarone : Olga De Re, Eginia Manfè (detta Gina), Bruna ed Enrica Fedrigo. Queste eroine hanno rischiato tutto, anche la loro stessa vita, per aiutare la Resistenza. Operarono tra Sacile, Caneva e la montagna, venendo più volte fermate dai tedeschi, o addirittura arrestate. Il loro coraggio, il loro sangue freddo e il loro spirito di iniziativa furono fondamentali per riuscire a sopravvivere e ad essere di fondamentale aiuto alla causa.
MARIA LUCCHESE – RICORDO DI UNA FIGLIA
DEL COL BRUNA – RICORDO DEL FIGLIO CARLO
Ricordi raccontati da mia mamma Del Col Bruna, . Potrebbero esserci dell'imprecisioni.
Al centro della foto la porta bandiera è Del Col Bruna , partigiana con il nome di battaglia Libertà |
Nel novembre del 1944, mia madre fu arrestata , su una soffiata, nei giorni che arrestarono suoi compagni d'arma ,Pessot Antonio detto Freccia e Antonini Giuseppe detto Anna.
Anche lei fu incarcerata in quei giorni nella centrale elettrica di Stevenà insieme a loro. Dopo alcuni giorni fu trasferita nelle carceri di Udine dove rimase per sei mesi. Mi raccontava, che periodicamente veniva chiamata, per essere interrogata e qui sovente torturata. La facevano sedere su una sedia , alla rovescia, le tenevano una pistola puntata alla testa e frontalmente aveva un cane che lo facevano ringhiare. Sembra un film ma e stata la realtà. Botte e sberle in quantità, quando fu liberata alcuni suoi amici non la riconobbero.
Nelle interrogazioni le chiedevano che compiti aveva nella resistenza , io non sono una partigiana rispondeva lei. Poi le facevano vedere una lista di nomi , tutti partigiani , del suo paese Stevenà e Caneva.
Lei ripeteva sempre la stessa cosa. Li conosco tutti , sono del mio paese e siamo cresciuti insieme , ma non so se sono partigiani .
Mi raccontava , uno stratagemma. Dove era rinchiusa lei, sopra c'era la sala interrogazioni. Nella sua stanza c'era un camino e attraverso quello riusciva a sentire le interrogazioni, quindi poteva capire come comportarsi, sentiva i lamenti di tutti quelli che torturavano.
I primi giorni di aprile ,1945mi raccontò che all'interno del carcere fucilarono molti partigiani.
Il 20 aprile fu scarcerata.
Ritornò al paese e contribuì agli ultimi giorni alla liberazione.
Dopo alcuni giorni della liberazione, i partigiani cercarono i collaborazionisti dei nazifascisti e questa è storia.
Portarono davanti a mia madre , una ragazza della sua stessa età ,, 22 anni.
Questa è la persona che ti ha denunciato ai nazifascisti, cosa ne facciamo.
Seppe che la denuncio perche un tosat faceva la corte a mia mamma e lei era invidiosa o gelosa?
Mia madre disse . Sono qua , salva, lei è come me una ragazzina , lasciatela andare.
non la fucilarono. Le tagliarono i cappelli, appesero un cartello e la portarono in giro per il paese.
Non ho saputo chi era questa donna.
Quando mia mamma ritornava al paese, questa donna quasi si inginocchiava per chiederle perdono e ringraziarla.
Questa è la storia che mia mamma mi ha raccontato.
Poi mi racconto un episodio successe mesi prima. Si stava recando in montagna, con una compagna. A quei tempi si andava per tanti motivi, per legna, altro. Una pattuglia di fascisti le fermò. Fortunatamente non controllarono il sacco della compagna. Dentro c'erano approvvigionamenti per i partigiani e il fazzoletto della Brigata Menotti.
Belmessieri Carlo
Natalina Bit in Dal Cin – ricordo di Vittoria Bit.
“Fu una delle vittime innocenti di Stevenà del secondo conflitto mondiale: non aveva scelto di indossare la divisa e imbracciare un fucile, come fecero i partigiani, ma si trovò a subire le conseguente degli eventi della storia.
Viene citata nel diario di Toni Pessot, assieme ai caduti del paese, fucilata, lui scrisse.
Era nata il 25 dicembre 1924, il giorno di Natale e quindi chiamata Natalina, figlia di Antonio Bit e Enrichetta Cesa. Sposata con Antonio Dal Cin, aveva anche una figlia, Renata.
Del suo tragico destino ci sono poche notizie: le spararono in Pian Salere mentre domenica 18 febbraio 1945 era salita a raccogliere le radicele, le prime erbe della fine dell’inverno. Presso l’Istituto della Resistenza di Vittorio Veneto c’è la sua foto, ma con il nome della sorella Maria. Forse nella confusione della fine della guerra i dati vennero scambiati. La mia ipotesi è che abbia incontrato una pattuglia di militi tedeschi, che sia stata scambiata per una staffetta partigiana e uccisa. Infatti 5 giorni prima in una zona più a nord del Cansiglio, ma non lontana, si era svolta una feroce battaglia fra i partigiani e i tedeschi. In questo scontro gli uomini della Resistenza avevano avuto la meglio, per la prima volta erano riusciti ad attaccare con le armi che avevano ricevuto durante i lanci. Grazie anche a una fitta nebbia che era scesa sulla zona alle 11 del mattino, quando iniziarono nel primo pomeriggio le sparatorie, i tedeschi non riuscivano più a orientarsi, ovunque si dirigevano, trovavano dei partigiani che sparavano loro addosso. Costoro pattugliavano il Cansiglio dall’iniziodell’inverno e conoscevano ogni anfratto, ogni albero. I tedeschi riuscirono a scendere solo la mattina dopo, ma ci furono diversi morti e dovettero abbandonare parecchie armi. Forse qualche giorno dopo tornarono in ricognizione, e si imbatterono nella povera Natalina.
Lasciò una figlia piccola, che venne poi cresciuta dalla sorella. Sono ora sepolte insieme nel cimitero di Stevenà.”
Ringrazio per aver inserito mia mamma nella vostra documentazione. Carlo
RispondiElimina