LO CHIAMAVANO HANS
Questa è la emozionante testimonianza che ci ha inviato Mara, la nipote di Burigana Giovanni Andrea
Nonno Burigana Giovanni Andrea , classe 1905, nasce a Caneva e all’età di un anno emigra con i genitori alla volta della Germania , nella regione Alsazia-Lorena dove il papà aveva trovato impiego presso la “Union Miniere”, precisamente a Merlenbach.
Proprio a Merlenbach studia il francese, il tedesco e soprattutto la musica. Mi raccontano che appena nata mi suonava sempre “Il bel Danubio blu” con la sua amata armonica a bocca.
A 24 anni dovette rientrare in Italia per assolvere ai doveri militari con 2 anni di leva nel corpo “Genio Alpini minatori”.
Nel 1934 partì volontario come legionario in Libia, a costruire fortini nel deserto.
Verso i primi di settembre del 1943, si trovava per motivi di lavoro a Bressanone e sentito raccontare ai contadini del posto che i tedeschi sarebbero venuti ad occupare l’Italia, prese il treno a Bolzano e con moglie e figlia rientrò a Caneva.
Partecipò alla Resistenza come partigiano nella “Garibaldi Friuli” sotto la guida del comandante Mario Lizzero “Andrea”. Nel 1944 ci fu la disfatta e rientrò a casa e come quasi tutti i partigiani andò a lavorare presso la TODT.
Dai racconti degli amici e commilitoni, durante la disfatta del 1944, siamo venuti a conoscenza di numerosi racconti ed episodi che lo riguardavano.
Come tanti compagni la guerra lo aveva segnato profondamente nello spirito e non parlava in famiglia degli avvenimenti dicendo “ormai la guerra è finita non serve a nulla parlarne”. Durante la ritirata del ’44 dalle zone del Cansiglio, scendendo la valle nella zona di Caneva, sempre con altri compagni, si imbatterono in una pattuglia di tedeschi. Nascostosi, parlando in tedesco riuscì a salvare la sua pelle e quella dei compagni sviando l’attenzione dei tedeschi con un diversivo.
Sul finire del 1944, inizi del 1945 dopo un rastrellamento della “X Flottiglia Mas”, lui e altri personaggi di Stevenà vennero prelevati e portati a Treviso, dove c’era la sede dell’ ”OberKOmmand”.
Anche in questo caso, il fatto di essere cresciuto in Alsazia Lorena gli salvò la vita e, un tenente lo trattenne come interprete consegnandogli una bicicletta, soprannominandolo Hans.
Dopo qualche mese lo liberarono rimandandolo a casa.
Nell’immediato dopoguerra, venne convocato dai capi partigiani per recarsi a Venezia dove venne indetto una sorta di “tribunale”. Venivano giudicati i capi fascisti responsabili della reclusione presso il commando di Treviso. Non colse l’occasione per una “vendetta” in quanto disse che “la guerra era finita”.
Ritornato a lavorare a Bolzano, transitando sul ponte di Mestre, il camion sul quale viaggiava con altri operai, si ribaltò a causa dello scoppio di un pneumatico. Alcuni morirono , lui si fratturò entrambe le gambe, ma grazie alle cure di un giovane medico del “ Ricostruito Nuovo Esercito Italiano C.I.L.”, gli furono salvate.
Assistette dal 1946 al 1953, al recupero dei morti sepolti in montagna, tra partigiani, tedeschi; furono rimpatriate le salme per la Germania e fece da interprete per il recupero delle stesse.
Nel 1954 lo cercarono i militari francesi ( a causa della cittadinanza franco-tedesca) i quali volevano che si arruolasse col grado di sergente maggiore nella guerra dell’Indocina. Fortunatamente intervenne l’ ”ANPI” di Sacile riuscendo ad evitarne l’arruolamento.
Scrisse molte volte in Francia e Germania per ricevere notizie della sorella Adriana e seppe in seguito che morì durante i bombardamenti di Amburgo, dove si era trasferita. Questo fu il suo più grande dispiacere e rammarico: di non essere più riuscito rintracciare le sorelle.Purtroppo non ho moltissimi ricordi del nonno Giovanni in quanto morì che io avevo solo 3 anni, però mi ricordo molto bene di quando mi portava sulle sue spalle e di quando mi suonava Lili Marlene con la sua armonica.
Di lui mi restano la grande integrità e forza d’animo e me lo immagino abbarbicato tra le rocce della “Nostra Signora del Cansiglio” con i compagni, a farsi coraggio in una guerra maledetta che metteva i fratelli l’uno contro l’altro. Lui cresciuto in terra straniera si trovava a combattere chi parlava la sua stessa lingua.
Tanto dovevo alla sua memoria e a tutti coloro i quali hanno combattuto per la nostra “Libertà”.
Proprio a Merlenbach studia il francese, il tedesco e soprattutto la musica. Mi raccontano che appena nata mi suonava sempre “Il bel Danubio blu” con la sua amata armonica a bocca.
A 24 anni dovette rientrare in Italia per assolvere ai doveri militari con 2 anni di leva nel corpo “Genio Alpini minatori”.
Nel 1934 partì volontario come legionario in Libia, a costruire fortini nel deserto.
Verso i primi di settembre del 1943, si trovava per motivi di lavoro a Bressanone e sentito raccontare ai contadini del posto che i tedeschi sarebbero venuti ad occupare l’Italia, prese il treno a Bolzano e con moglie e figlia rientrò a Caneva.
Partecipò alla Resistenza come partigiano nella “Garibaldi Friuli” sotto la guida del comandante Mario Lizzero “Andrea”. Nel 1944 ci fu la disfatta e rientrò a casa e come quasi tutti i partigiani andò a lavorare presso la TODT.
Dai racconti degli amici e commilitoni, durante la disfatta del 1944, siamo venuti a conoscenza di numerosi racconti ed episodi che lo riguardavano.
Come tanti compagni la guerra lo aveva segnato profondamente nello spirito e non parlava in famiglia degli avvenimenti dicendo “ormai la guerra è finita non serve a nulla parlarne”. Durante la ritirata del ’44 dalle zone del Cansiglio, scendendo la valle nella zona di Caneva, sempre con altri compagni, si imbatterono in una pattuglia di tedeschi. Nascostosi, parlando in tedesco riuscì a salvare la sua pelle e quella dei compagni sviando l’attenzione dei tedeschi con un diversivo.
Sul finire del 1944, inizi del 1945 dopo un rastrellamento della “X Flottiglia Mas”, lui e altri personaggi di Stevenà vennero prelevati e portati a Treviso, dove c’era la sede dell’ ”OberKOmmand”.
Anche in questo caso, il fatto di essere cresciuto in Alsazia Lorena gli salvò la vita e, un tenente lo trattenne come interprete consegnandogli una bicicletta, soprannominandolo Hans.
Dopo qualche mese lo liberarono rimandandolo a casa.
Nell’immediato dopoguerra, venne convocato dai capi partigiani per recarsi a Venezia dove venne indetto una sorta di “tribunale”. Venivano giudicati i capi fascisti responsabili della reclusione presso il commando di Treviso. Non colse l’occasione per una “vendetta” in quanto disse che “la guerra era finita”.
Ritornato a lavorare a Bolzano, transitando sul ponte di Mestre, il camion sul quale viaggiava con altri operai, si ribaltò a causa dello scoppio di un pneumatico. Alcuni morirono , lui si fratturò entrambe le gambe, ma grazie alle cure di un giovane medico del “ Ricostruito Nuovo Esercito Italiano C.I.L.”, gli furono salvate.
Assistette dal 1946 al 1953, al recupero dei morti sepolti in montagna, tra partigiani, tedeschi; furono rimpatriate le salme per la Germania e fece da interprete per il recupero delle stesse.
Nel 1954 lo cercarono i militari francesi ( a causa della cittadinanza franco-tedesca) i quali volevano che si arruolasse col grado di sergente maggiore nella guerra dell’Indocina. Fortunatamente intervenne l’ ”ANPI” di Sacile riuscendo ad evitarne l’arruolamento.
Scrisse molte volte in Francia e Germania per ricevere notizie della sorella Adriana e seppe in seguito che morì durante i bombardamenti di Amburgo, dove si era trasferita. Questo fu il suo più grande dispiacere e rammarico: di non essere più riuscito rintracciare le sorelle.Purtroppo non ho moltissimi ricordi del nonno Giovanni in quanto morì che io avevo solo 3 anni, però mi ricordo molto bene di quando mi portava sulle sue spalle e di quando mi suonava Lili Marlene con la sua armonica.
Di lui mi restano la grande integrità e forza d’animo e me lo immagino abbarbicato tra le rocce della “Nostra Signora del Cansiglio” con i compagni, a farsi coraggio in una guerra maledetta che metteva i fratelli l’uno contro l’altro. Lui cresciuto in terra straniera si trovava a combattere chi parlava la sua stessa lingua.
Tanto dovevo alla sua memoria e a tutti coloro i quali hanno combattuto per la nostra “Libertà”.
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