EGIDIO CUSI “CLAUDIO”

 Ho trovato questi appunti recentemente quando abbiamo svuotato la casa di  campagna. Papà  li aveva inseriti nel libro scritto da Brescacin e Raimondo Lacchin "quando vestivamo alla garibaldina".

Nella prima pagina c'è scritto auguri da Nettuno ( Toni Masutti) 26/4/2004. Nel libro poi papà ha incollato  foto e documenti.


Leggendo e rileggendo il testo ho capito che ci sono stati due periodi nella sua vita di partigiano

1) In Cadore da luglio al 15 dicembre 44 con il Battaglione Bepi Striss, Brigata Calvi, divisione Nino Nannetti di cui divenne commissario
2) In Cansiglio dal 15 dicembre all'1 maggio 45 nel
Battaglione Ippolito Nievo, Brigata Ciro Menotti di cui divenne Commissario.


"Nel luglio del 1944 avevo  20 anni,  e su consiglio di un professore che apparteneva all' Azione Cattolica come me mi sono avvicinato al movimento partigiano del Cadore.
Entrai il primo luglio a far parte del Battaglione Bepi StrissBrigata Calvi divisione Nino Nannetti . Erano una trentina di persone Armate bene ma un po' stracciate nell'abbigliamento A parte un avvocato di Vittorio Veneto e uno studente di Pieve di Cadore, gli altri erano tutti impiegati artigiani operai, ma  il loro livello culturale e  i loro ideali erano più elevati di quelli dei miei coetanei di paese.  Parecchi nei loro zaini con le bombe a mano e le munizioni avevano  i grandi romanzi della letteratura russa e i loro nomi di battaglia erano quelli dei personaggi di essi.
la Russia era la seconda madre, il mito.
La guerriglia in Cadore aveva come principale obiettivo azioni di sabotaggio per ostacolare il transito di colonne tedesche.
La  più importante fu  la distruzione della strada Cavallera a Perarolo del 4 settembre 44,
il crollo  della strada devio' persino il corso del Piave.
La strada Belluno Cadore Austria divenne impraticabile.
l'operazione  fu diretta dal comandante della Brigata Calvi Garbin che guidò il Bepi  striss in Comelico a prelevare l'esplosivo necessario in una miniera di minerali di rame.
Le  guardie altoatesine che avevano l'aria di essere consenzienti non fecero resistenza e disertarono per non subire rappresaglie.
il trasporto durò due notti e ognuno di noi si caricava  15 Kg di esplosivo.
Garbin morì poco dopo a Lorenzago in combattimento e Folgore  si suicidò a Domegge attaccandosi  ai fili  di una cabina di Alta tensione per non farsi catturare dai tedeschi.Lo stesso    giorno venivano impiccati a Domegge altri tre Partigiani e vi furono rastrellamenti tra i civili.
Dopo la distruzione della Cavallera sono stato nominato commissario da Garbin e dopo la sua morte divenni il solo responsabile del reparto.
Dovemmo salire in montagna fino al rifugio Padova e per farlo dovemmo sotterrare le armi pesanti.
Venne la prima nevicata mi pare ricordare fosse fine novembre. Le  tracce lasciate sulla neve non ci davano scampo decidemmo la ritirata verso la Carnia ma prima della forcella Scodavacca verso il Giaf   incontrammo i resti del Battaglione Vittoria della quinta Brigata Osoppo dei  verdi spinti in Cadore da un rastrellamento  partito dalla pianura carnica. Decidemmo la fusione delle due formazioni tagliammo i fazzoletti ricucendo la parte rossa la nostra con la verde. Forse fu il primo compromesso storico.In  realtà la divisione ideologica  era solo nelle  alte cariche mentre le idee tra di noi circolavano liberamente.
Dal momento che non potevamo più contare sulla popolazione che dopo gli eccidi era terrorizzata,   ci
occorrevano  soldi per facilitare la discesa in pianura e la fuga
Antelao propose un colpo in banca a Pieve di Cadore.
Io e lui volontari scendemmo di notte a Pieve. Trovammo  un cambio di abiti da un ferroviere amico.
Il  direttore della banca  Cattolica del Veneto ci diede  tutti i soldi che aveva in cassa e ci diede mezz'ora di tempo per sparire
Gli rilasciai  una ricevuta che dovetti confermare alla fine della guerra.
Con la somma raccolta finanziammo
la fuga di quasi tutta la formazione a piccoli gruppi o singolarmente.
Eravamo rimasti una dozzina di unità. Passammo  in Carnia con la neve fino al collo a piccoli gruppi.
Il nostro era formato da Noris, Bleng e  Antelao oltre a me.
Il giorno dopo trovammo su una mulattiera due dei nostri con una baionetta Infilata nella schiena.  Arrivati ad Aviano
incontrammo una pattuglia guidata da Tony Masutti del Battaglione Ippolito Nievo che stava cercando il pilota di un caccia caduto.
Lo ritrovammo dopo una notte di ricerche nel posto esatto dove la cartina di seta che portava con se gli  suggeriva di ripararsi. Diventammo subito amici cercando di parlare in latino.
Quando dopo Natale lasciò l 'accampamento del Nievo per raggiungere con un'organizzazione di
staffette la Jugoslavia piangeva non sembrava avere più della mia età mi regalò tutto ciò che possedeva compresa una penna stilografica che possiedo ancora.
Era il 15 dicembre quando entrai nella Ciro Menotti e aggregato al Battaglione Ippolito Nievo Com andato da Macchi di cui in seguito divenni Commissario.
Ero tornato col fazzoletto rosso.
Nel mio zaino c'erano sempre i libri di chimica generale e di chimica organica
Seconda Parte
La guerriglia in Cansiglio
Le brigate  partigiane del Cansiglio erano schierate sul bordo estremo dell'altipiano e presidiavano con armi pesanti tutte le strade che conducevano in montagna.
Dai nostri accampamenti si vedeva tutta la Pianura sottostante, era quasi una guerra di posizione.
Qualche volta si sono visti aereri che tornavano da bombardamenti che colpiti si avvitavano  al suolo.
I piloti in alcuni casi si buttavano sull'Altopiano secondo le istruzioni che avevano ricevuto.
Le  nostre squadre di soccorso ne recuperarono qualcuno.
Gli aviatori erano tutti muniti di carte geografiche sulle quali erano indicate le zone dove dovevano buttarsi col paracadute.
il Battaglione  aveva inoltre un compito importante :  salvare dai tedeschi la centrale idroelettrica di Caneva di proprietà della Sade.
La centrale  era stata minata dai tedeschi che la occupavano. Ci fu un accordo tramite il parroco di un paese  per cui i tedeschi avrebbero abbandonato la centrale senza distruggerla in cambio della garanzia che non sarebbero stati attaccati fino all'uscita dai territori di nostra competenza.
La loro ritirata verso l'Austria era così facilitata.
Ifatti andarono per il verso giusto e la Sade ci riconobbe un lauto premio che fu fatto pervenire al comando di divisione.
La  centrale era minata in più punti e  al disinnesco provvide un sabotatore specializzato americano  appositamente paracadutato  ma che parlava il napoletano.
La guerra combattuta era finita.


Breve storia partigiana

Qualche mese prima di morire papà  ha scritto per me questo racconto.
che già conoscevo ma che gli deve essere  rimasto come un chiodo fissato nel  cuore se lo ha voluto mettere nero su bianco proprio in quel periodo.
Mi piacerebbe ritrovare   i parenti di questo partigiano  e che leggessero  questo racconto come gesto di riconciliazione.
"Era il 6 marzo del 45, si chiamava Vendetta, era un partigiano del Battaglione Peruch. Reo confesso di avere rubato  dei viveri della scorta  e di essersi ubriacato. La scorta viveri era intoccabile perché rappresentava la salvezza in caso di emergenza e di fuga nel bosco.
Era uno straccio, conosceva il codice militare della Brigata Ciro Menotti e che lo aspettava la Corte Marziale.
Lo vedevo lì per la prima volta, non era più niente. Rimasi al rancio serale al Peruch e poi mi misi accanto a lui.
Era sicuramente ammalato e forse etilista. Era libero di muoversi anche fuori dal fienile,
in quel momento mi augurai che fuggisse ma non potevo essere io a suggerirlo,  a poche decine di metri una ripida discesa portava nelle pianure friulano Venete. Pensai che anche per il comando brigata la sua fuga avrebbe rappresentato una soluzione.
In quel momento la situazione militare era molto complessa, disertori passavano dai nostri comandi in cerca di viveri e  vestiari. Provenivano dall'Austria da formazioni Republichine allo sbando, collaboratori in fuga.
Rimasi al Peruch fino a notte e Vendetta mi nominò suo difensore. Forse il comando riteneva necessario un esempio duro come avvertimento ai disertori.
La Corte Marziale si riunì all'alba ed era composta da tutti i responsabili militari e politici dei battaglioni.Proposi al comando di consegnarmi Il prigioniero lo avrei utilizzato come aiuto alle mie mansioni ne avrei risposto in prima persona. La  sentenza prima di essere emessa dalla corte marziale era già stata pronunciata dai giudici che erano seduti in cerchio sul prato sulla neve.
Tentai ancora "abbiamo già avuto tanti morti "dissi.
Rimasi fino a quando gli bendarono gli occhi , poi una raffica di armi automatiche. Giustizia era fatta. Arrivai alla sede del mio comando per redigere a macchina il verbale. Uno dei miei comandanti mi chiese di indicare i veri nomi e cognomi accanto ai nomi di battaglia di tutti i componenti la Corte Marziale e dei protagonisti dell'avvenimento. Fui  io il primo a firmare Claudio Eligio Cusi difesa.
Nessuno si  rifiutò ma il codice militare prevedeva grandissime sanzioni nei confronti di chi rivelava l'identità dei compagni perché se il verbale fosse caduto in mano dei tedeschi le rappresaglie sulle famiglie non si sarebbero fatte attendere.
Raccolte le firme quando tutto fu finito ho preso il sentiero che portava al mio comando e mi sedetti appartato su un masso che emergeva dalla neve.
Mi  raggiunse il mio fedelissimo mi mise una mano sulla spalla e disse qualcosa di simile " i comandanti No non devono cedere"
Aveva le lacrime agli occhi, suo   fratello era morto alcuni mesi prima con i polmoni  trapassati da proiettili tedeschi.

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